di John Steinbeck con fotografie di Robert Capa

“Nel 1946 Winston Churchill annunciò che una “cortina di ferro” era calata sull’Europa orientale. Già l’anno seguente poteva dirsi iniziata la Guerra fredda, che sarebbe durata più di quarant’anni. In quel clima lo scrittore John Steinbeck e l’amico fotografo Robert Capa decisero di partire insieme per un viaggio alla scoperta di quel nemico che era stato l’alleato più forte nella seconda guerra mondiale: l’Unione Sovietica.”


Diario russo

John Steinbeck è stato uno dei più grandi scrittori americani del XX secolo. Nato nel 1902 in California, è noto soprattutto per i suoi romanzi che descrivono le difficili condizioni di vita dei contadini durante la Grande Depressione degli anni ’30.

Nel 1947 Steinbeck intraprese un viaggio in Unione Sovietica insieme al fotografo di guerra Robert Capa. Da questa esperienza nacque “Diario russo”, un reportage in cui Steinbeck racconta l’Unione Sovietica del dopoguerra attraverso gli scatti fotografici di Capa.

Il libro documenta la vita quotidiana nelle fattorie collettive, nelle fabbriche e nelle città sovietiche, offrendo uno spaccato autentico della società russa di quegli anni. Si tratta di un’opera di grande interesse storico e culturale.

“Ora è notte tarda e io sono seduto nel centro di una stanza d’albergo estremamente cupa, circondato da centonovanta milioni di russi, quattro macchine fotografiche, poche dozzine di pellicole impressionate e molte di più non ancora impressionate, uno Steinbeck che dorme, e io non sono per niente contento. I centonovanta milioni di russi sono contro di me. Non ci sono scontri all’angolo delle strade, né casi di libero amore che facciano scandalo, non hanno un aspetto che salti all’occhio, ma sono gente onesta, dabbene e dedita al lavoro; e per un fotografo sono un cibo che non sa di niente. Del resto pare che amino quel loro modo di vivere e odino farsi fotografare. Le mie quattro macchine fotografiche, abituate a guerre e a rivoluzioni, sono deluse e tutte le volte che faccio uno scatto c’è qualcosa che va storto. Per di più mi ritrovo con tre Steinbeck invece di uno.”

Un legittimo lamento di Robert Capa (Diario russo)

Il lavoro di Capa in questo reportage è considerato particolarmente significativo perché offriva uno sguardo non filtrato e personale su un paese che era spesso avvolto da una cortina di segretezza e propaganda. L’abilità di Capa di catturare l’essenza delle persone e dei loro ambienti con empatia e maestria fotografica fu fondamentale nel trasmettere una nuova prospettiva sulla vita in Unione Sovietica a un pubblico occidentale.

“Con un paio di fotografie potrei far capire molto di più che non con migliaia di parole.”


Robert Capa

“Dopo cena prese un libro dallo scaffale. “Voglio farle sentire questa,” disse, e cominciò a leggere lentamente, traducendo dal russo. Lesse qualcosa del genere (questa non è una trascrizione esatta, ma è abbastanza fedele):
“I russi di Mosca sono molto diffidenti con gli stranieri, che sono costantemente sorvegliati dalla polizia segreta. Viene annotato ogni loro movimento e ne viene mandato un rapporto al quartier generale centrale. C’è una guardia per ogni straniero. Inoltre, i russi non ricevono stranieri in casa, e anzi sembra che abbiano paura di parlare con loro a lungo. Se uno straniero manda un messaggio a un membro del governo, di solito resta senza risposta, e anche un secondo messaggio resta senza risposta. Se qualcuno si dimostra molto importuno, gli viene risposto che l’ufficiale è malato o è fuori città. Solo dopo grandi difficoltà gli stranieri ottengono di poter viaggiare in Russia, e durante i viaggi sono sorvegliati attentamente. A causa di questa freddezza e sospettosità, gli stranieri che visitano Mosca sono costretti a vedersi esclusivamente tra loro.”


Diario russo
John Steinbeck

La vita quotidiana per la popolazione sovietica nell’immediato dopoguerra era difficile. Molti cittadini soffrivano la fame, le distruzioni e la penuria di beni di consumo basilari. La ripartizione delle risorse era strettamente controllata dallo stato attraverso un sistema di razionamento, che rimase in vigore per vari anni dopo la guerra.

La ricostruzione delle aree urbane distrutte e la transizione verso un’economia centrata sulla produzione di massa richiesero un enorme lavoro collettivo, spesso sotto la guida di brigate di lavoro organizzate dallo stato. Le donne, che durante la guerra avevano assunto ruoli lavorativi precedentemente riservati agli uomini, continuarono a lavorare in fabbriche e campi.

Nonostante le difficoltà economiche e sociali, il periodo postbellico fu anche un’era di significativa progressione culturale e scientifica, con investimenti in istruzione, scienza, e tecnologia, nonché un aumento della produzione letteraria e artistica sotto il rigido controllo delle politiche di censura statale.

I fotografi di reportage, attraverso le loro scelte compositive e di inquadratura, possono influenzare in maniera significativa la percezione del pubblico su determinati eventi o questioni. La selezione di cosa mostrare e come farlo può amplificare o attenuare determinati aspetti della realtà, orientando l’interpretazione degli spettatori. Questa consapevolezza etica è fondamentale per il fotogiornalista, il quale deve bilanciare l’obiettività della documentazione con la responsabilità di trasmettere una rappresentazione veritiera.

Le fotografie di reportage possiedono anche un importante valore educativo e di conservazione della memoria collettiva. Grazie alla loro accessibilità e alla loro capacità di trascendere le barriere linguistiche, esse possono fungere da efficaci strumenti didattici, aiutando a comprendere eventi storici e contesti socioculturali in modo più intuitivo e coinvolgente rispetto ai meri testi scritti.