Letizia Battaglia alla Mole di Ancona.

Dal 25 luglio 2020 al 15 gennaio 2021 in mostra alla Mole Vanvitelliana di Ancona Letizia Battaglia con “Storie di strada”.

Letizia Battaglia nasce a Palermo nel 1935 ed inizia la sua carriera di fotoreporter lavorando per il giornale “L’ora” nel 1969. Nel 1970 si trasferisce a Milano dove collabora con diversi giornali ed incomincia a scattare fotografie. Nel 1974 ritorna a Palermo e si trova a documentare gli anni di piombo della mafia. Crea anche l’agenzia “IF” di informazione fotografica che sarà frequentata anche da Josef Koudelka e Ferdinando Scianna. Celebri le sue foto dei delitti di mafia che insanguinano la sua terra. Nel 1980 è la prima a trovarsi sul luogo dell’assassinio del presidente della regione Sicilia, Piersanti Mattarella.

Nel 1985 è la prima donna a ricevere il celebre premio Eugene Smith, a New York. Nel 2003 si trasferisce per 3 anni circa a Parigi per poi fare ritorno nella sua Palermo.

Letizia non fotografa quasi mai uomini, la sua attenzione è rivolta alle donne ed ai bambini.

La fotografia l’ho vissuta come documento, come interpretazione e come altro ancora…l’ho vissuta come salvezza e come verità…Io sono una persona, non sono una fotografa, sono una persona che fotografa“.

Ero una donna con tanti problemi, ero infelice, inquieta; sono riuscita a riappropriarmi di me quando ho iniziato a fotografare“.

1991 Figlia di Mimmo Ortolano Casa professa

Cos’ Letizia Battaglia si racconta in un’intervista:

Nel 1971 lascio Palermo con le mie figlie e vado a Milano. A Milano propongo i miei articoli e mi dicono no, senza fotografie niente… Allora una mia amica mi regalò una macchina fotografica ed incominciai a fotografare, senza nessuna scuola, nessuna tecnica, nessuna bravura. Però ebbi la fortuna di incontrare Pier Paolo Pasolini, Dario Fo, il movimento studentesco, Mario Capanna, insomma feci un pò di lavoro. Incomincia anche a fotografare per un giornale erotico, Le ore“.

Nel 1974 il giornale l’Ora mi richiama a Palermo per dirigere i servizi fotografici. Io ero assolutamente felice perché ritornavo a Palermo, pagata e potevo mantenermi. Ero felice di poter raccontare Palermo non immaginandomi che ci sarebbero stati morti ammazzati, eroi pianti, dolori, bambini ammazzati, corruzione e porcherie varie.. Sono stati 19 anni molto forti che umanamente mi hanno molto segnato. Mi ricordo che mentre facevamo le fotografie non c’era il cellulare, facevamo volontariato allo psichiatrico, feci per 2 anni un corso di regia; correvamo da una parte all’altra con l’angoscia che non c’era un telefono perchè potevamo bucare delle notizie. Così passarono 19 anni dove con la macchina fotografica ho racontato il bello ed il brutto di Palermo“.

Il gioco dei killer, Palermo, 1982

Nel 1985 qualcuno da Milano manda le mie foto al premio Eugene Smith. Io sono una piccola fotografa a Palermo maltrattata, mal pagata, con tanti problemi; non so niente di queste fotografie mandate a New York e quando mi arriva un telegramma dove mi dicono sei tra i finalisti del premio Eugene Smith io piango e rido w sono felice. Dopodiché mi chiedono ulteriori fotografie, io le mando, scrivo una relazione e poi arriva questo premio che cambia veramente la mia vita.

Dopo questa esperienza mi candido con i Verdi per il consiglio comunale, vengo eletta come consigliere comunale. Leoluca Orlando propone di fare un gruppo a parte , lo chiede a me, ai comunisti ed ai cattolici. Così divento assessore che p una delle cose più belle che io abbia vissuto perché potevo fare le cose per Palermo. Poi diventai deputata e fu una porcheria perché avevo solo molti soldi ma non facevo nulla, non era possibile fare niente. Poi arriviamo al 1992 quando Falcone e Borsellino vennero ammazzati, quella fu proprio l’apoteosi del dolore della città. La città si riversò tutta per le strade anche quelli che io credevo tiepidi nei confronti della giustizia e della legalità. Intanto il giornale l’Ora chiudeva e finì così l’esperienza di cronista e si aprì quella cosiddetta di artista.

Già nel 1977 con Franco Zecchin, mio compagno e bravissimo fotografo, facemmo una piccola galleria che si chiamava il laboratorio di IF, una piccola galleria solo per fotografi ed è una cosa bellissima che da Roma in giù no ce n’è neanche una. Per un pò di tempo va avanti poi finiscono i soldi. Ho ripreso il laboratorio di If ora, dopo 40 anni. Avevo pensato di fare il centro internazionale di fotografia, un luogo dove esporre le foto degli altri. Sette anni fa andai da Leoluca Orlando e gli dissi vorrei fare questo e lui disse va bene facciamolo. Ed oggi dopo 7 anni sono qui a dirigere questo centro internazionale dove contemporaneamente ho sempre 3 mostre: una nazionale, una internazionale ed una locale. Il mio sogno è di fare crescere la gente e di fare in modo che questo centro sia un luogo vivo.

Se guardo i miei libri ho tutte donne, le foto scelte sono quasi tutte donne. Fotografo le donne per solidarietà, non sono mai stata una femminista però sono sempre stata dalla parte delle donne. Nelle mie foto io credo che traspaia un amore, una complicità con le donne che hanno bisogno. Fotografare è stata la mia salvezza, con la macchina fotografica mi sono riappropriata di me stessa. Con questa macchina io mi sono costruita un’identità“.

La foto qui sopra, della bambina con il pallone, è stata una delle foto di Letizia che per prima ha fatto il giro del mondo.

Letizia scatta in bianco e nero e a tal proposito ci racconta: “ Il colore non mi dice niente. Il bianco e nero mi sembra che sintetizzi molto, leva tutte le cose che sono di più. Il bianco e nero è bellissimo. Il bianco e nero è più riservato, è più rispettoso della realtà. Se io avessi fatto foto a colori tu pensa a quello che ho fotografato, tutto quel rosso, sarebbe stato terribile. Il bianco e nero ha una sua solennità.”


Marco e Domenico, fotografi, appassionati divulgatori, hanno deciso di condividere con voi le loro frequenti chiacchierate e straparlare in modo leggero di fotografia in un podcast.
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