Nan Goldin

Nan Goldin nasce a Washington nel 1953 e la sua vita è presto segnata dal suicidio della sorella quando aveva solo 14 anni.

Nan Goldin è una fotografa influente con uno stile diaristico ed istantaneo.

Il suo lavoro ha dato vita a un intero stile fotografico ed ha influenzato molti fotografi emergenti.

“Ho visto Blow-Up per la prima volta quando avevo quindici anni, ed è per questo che ho deciso di diventare una fotografa.” Nan Goldin

Inizia a fotografare all’età di 16 anni e studia alla School of the Museum of Fine Arts di Boston, dove si laurea con un Bachelor of Fine Arts nel 1977.

L’opera più famosa di Goldin, “The Ballad of Sexual Dependency“, consiste in una raccolta di fotografie a colori che ritraggono amici e amanti dell’artista, spesso ripresi in momenti di intimità sessuale. Goldin si trasferisce a New York nel 1978 ed inizia a scattare foto della sua vita in città, influenzata dalla scena musicale post-punk e new wave e dall’espansione della cultura gay.

“Sono bisessuale, quindi non posso davvero dichiararmi gay. Quando sono gay sono molto gay. E quando sono con gli uomini, sai, sono con gli uomini. Non mi innamoro delle persone a causa del loro genere.” – Nan Goldin

The Ballad of Sexual Dependency è uno slideshow di 45 minuti che esplora le complessità e le difficoltà delle relazioni e dello spazio tra le persone. Include immagini di persone della mia comunità ed è narrato dalla musica. Il progetto tocca temi come il genere, la maternità, la violenza, la tenerezza, la moda, gli abusi domestici, il sesso, la solitudine e la morte, e intende abbracciare l’intera gamma dell’esperienza umana. Tuttavia, è stato frainteso da alcuni come riguardante esclusivamente il sesso e la droga, quando in realtà si tratta di molto di più.” – Nan Goldin

Nan Golfin è stata una pioniera della fotografia “candid” avendo scattato molte foto alle feste, a volte mentre si ballava o si faceva sesso. Era così abituata a scattare fotografie che la gente ha smesso di notarlo. All’epoca non c’erano molti fotografi e le persone non sentivano il bisogno di documentare e condividere le loro vite tanto quanto lo fanno ora con piattaforme come Instagram.

Oltre ai suoi sforzi artistici, Goldin è anche politicamente attiva; curando la mostra “Witnesses: Against Our Vanishing” nel 1989, in risposta all’epidemia di AIDS e al suo impatto sulla sua comunità.

“A quei tempi, le persone morivano molto velocemente. Ho visto quasi tutti quelli che conoscevo morire. Nan Goldin

Nan Goldin documenta l’epidemia dell’AIDS ed il suo effetto sulla comunità LGBTQ+ negli anni ’80 e ’90.

Ha fotografato la sua amica più cara, Cookie Müller, fino alla sua morte.

Dopo la morte di Müller, Goldin ha iniziato a fotografare stanze vuote.

Ha insegnato all’università di Yale e Harvard ed ha lavorato con numerosi attivisti sul problema dell’AIDS. Goldin sostiene che, nonostante il successo della terapia antiretrovirale, lo stigma sociale legato all’AIDS rimane un grosso problema e che il farmaco ha effetti collaterali devastanti. Goldin ha fotografato le persone che morivano di AIDS per mostrare la loro complessità e non solo la loro malattia.

Negli anni ’90, Nan Goldin guadagna fama internazionale per la sua fotografia, con mostre e libri pubblicati in tutto il mondo.

Nel 1992 Goldin si trova nelle Filippine ed in Thailandia per fotografare le persone transgender.

Nel 1993 esce il libro “The other side” una dichiarazione personale di amore e gratitudine nei confronti delle drag queen, che hanno dimostrato come sia possibile sopravvivere al di fuori degli schemi imposti dalla società e dai pregiudizi. A differenza della moda passeggera dei travestimenti degli anni ’90, le fotografie di Goldin in “The Other Side” sono ancora oggi belle, dinamiche e vibranti.

Nel 1992, i redattori della rivista giapponese Deja-Vu invitano Goldin a Tokyo per incontrare Araki, che aveva ottenuto una copia di “Ballad of Sexual Dependency” nonostante le rigide leggi giapponesi sulla censura. Insieme, hanno prodotto un libro intitolato “Tokyo Love“, che documenta la vita dei giovani a Tokyo e sfida le definizioni sociali di bellezza, amore e sessualità.

Nel 1996, il Whitney Museum of American Art di New York City ha tenuto una retrospettiva del lavoro di Goldin chiamata “I’ll Be Your Mirror“, che è stata accompagnata da un ampio catalogo e successivamente ha girato l’Europa.

“Ho bisogno di ricordare tutto. La fotografia nasce da quel bisogno”. Nan Goldin

Nel 2022 esce il film documentario “All the Beauty and the Bloodshed” diretto da Laura Poitras che esplora la vita e la carriera della fotografa Nan Goldin e la sua lotta contro la famiglia Sackler, proprietaria della società farmaceutica Purdue Pharma, accusata di essere responsabile dell’epidemia di oppioidi negli Stati Uniti.

Il film combina interviste, foto e filmati rari per raccontare la vita e la carriera di Goldin, dalla perdita della sorella adolescente alla sua vita e carriera nella cultura underground di Boston e Manhattan, documentate nelle sue fotografie di “famiglia di amici” e al suo attivismo politico. Il film segue anche la caduta della famiglia Sackler e il coinvolgimento di Goldin nella sua battaglia per far riconoscere le responsabilità della famiglia nell’epidemia di oppioidi negli Stati Uniti.

Goldin ha anche fondato il gruppo di advocacy PAIN (Prescription Addiction Intervention Now) ed ha organizzato numerose proteste pubbliche per indurre le istituzioni coinvolte, come il Metropolitan Museum of Art, il Guggenheim, la National Gallery di Londra e il Louvre, a rifiutare finanziamenti provenienti dalla famiglia Sackler.

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Marco e Domenico, fotografi, appassionati divulgatori, hanno deciso di condividere con voi le loro frequenti chiacchierate e straparlare in modo leggero di fotografia in un podcast.
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