Koudelka “Zingari”

“Quando vivi in un luogo a lungo, diventi cieco perché non osservi più nulla. Io viaggio per non diventare cieco.”

Josef Koudelka

Josef Koudelka è uno dei più grandi fotografi del XX secolo, noto per il suo lavoro straordinario e inquietante. Nato il 10 gennaio 1938 a Boskovice, nella ex Cecoslovacchia poi naturalizzato francese nel 1987. Koudelka ha vissuto un’infanzia segnata dalla Seconda Guerra Mondiale e dal regime comunista. Questi eventi hanno plasmato profondamente la sua prospettiva e influenzato il suo lavoro artistico in seguito. La carriera di Koudelka ha avuto inizio negli anni ’60, quando si è dedicato alla fotografia a tempo pieno dopo aver abbandonato gli studi di ingegneria. Il suo stile distintivo e potente si è sviluppato durante i suoi primi viaggi in Europa, dove ha catturato immagini che riflettevano la durezza della vita e le contraddizioni della società. Uno dei momenti più significativi della sua carriera è arrivato nel 1968, quando Koudelka ha immortalato l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Le sue fotografie, pubblicate anonimamente sotto le iniziali “P.P.” per proteggere la sua identità, hanno attirato l’attenzione internazionale e sono diventate simbolo della resistenza e della sofferenza del popolo cecoslovacco.

“Una buona fotografia è un miracolo”

Josef Koudelka

Il libro “Zingari” di Josef Koudelka è una pubblicazione fotografica che rappresenta un’immersione profonda nella vita e nella cultura degli zingari. Per realizzare queste fotografie, Koudelka si immerse completamente nella vita delle comunità rom, vivendo con loro per lunghi periodi e guadagnandosi la loro fiducia.
“Zingari” ha avuto una storia editoriale complessa. La prima versione, curata dall’autore insieme al grafico Milan Kopřiva nel 1968, con il titolo “Cikáni” (termine ceco per “zingari”), era destinata ad essere pubblicata a Praga nel 1970. Tuttavia, l’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia bloccò la pubblicazione.

Solo nel 1975 il libro venne finalmente pubblicato in Francia con il titolo “Gitans, la fin dn voyage” (“Zingari, la fine del viaggio”) dall’editore Robert Delpire. Questa edizione conteneva 60 immagini scattate perlopiù nei campi rom della Slovacchia orientale tra il 1962 e il 1971.

Nel 2011, in occasione del quarantesimo anniversario del primo progetto, è stata pubblicata una nuova edizione ampliata del libro, intitolata semplicemente “Zingari”. Questa versione, curata da Koudelka stesso, include 109 fotografie scattate in Cecoslovacchia, Romania, Ungheria, Francia e Spagna tra il 1962 e il 1971.

L’interesse di Koudelka per gli zingari nacque dalla musica gitana, quando ancora lavorava come ingegnere aeronautico e la fotografia era solo una passione. Iniziò a visitare gli insediamenti degli zingari e a fotografarli, cercando di catturare il fascino della loro cultura, il significato delle loro vite e la loro umanità profonda. Le immagini degli zingari cecoslovacchi, a un passo dalla fine e costretti politicamente all’assimilazione nella società moderna, sono cariche di una potente drammaticità. Il libro “Zingari” è quindi una riflessione sulla condizione di un popolo che, nonostante le difficoltà e le controversie, ha ancora molto da raccontare. 

“Il miglior consiglio per un aspirante fotografo? Compra un buon paio di scarpe”

Josef Koudelka

Nell’introduzione di questo libro, edito da Contrasto, Stuart Alexander scrive: “Koudelka non ha mai saputo spiegare con precisione cosa lo abbia spinto a fotografare gli zingari. In seguito ha raccontato che ad attirarlo prima di tutto fu la musica gitana, e in effetti oltre alle fotografie aveva realizzato anche registrazioni audio. Quella musica potente e drammatica gli ispirava immagini in grado di evocare le stesse emozioni suscitate da quelle strane e insolite melodie.”

“Non sono cresciuto con il cinema americano come molti fotografi. Venivo da un piccolo villaggio. Non sono mai stato affascinato dagli Stati Uniti.
Ma ricordo di aver visto le fotografie della Farm Security Administration e mi hanno commosso moltissimo. Non era per lo stile della fotografia, ma per il soggetto. Forse troverai qualcosa di simile anche con gli zingari.”

Josef Koudelka (tratto da un’intervista per Getty.edu)

Da un’intervista pubblicata sul New York Times Koudelka ci racconta la sua visione del tempo scaturita proprio dal suo incontro con le comunità zingare:

“Niente è permanente: questo è anche quello che ho imparato dagli zingari. Bresson mi diceva che il mio problema è che non penso al futuro, ed è proprio quello che ho imparato dagli zingari. Non preoccuparti molto del futuro. Ed ho imparato anche che per vivere non ho bisogno di molto.
Quindi non mi sono mai preoccupato dei soldi perché in passato sapevo che se avevo bisogno di soldi li prendevo in prestito, quindi non perdevo tempo. E il tempo è l’unica cosa che hai nella tua vita, e se invecchi lo senti un po’ di più. Ma l’ho sentito per tutta la vita.”


Marco e Domenico, fotografi, appassionati divulgatori, hanno deciso di condividere con voi le loro frequenti chiacchierate e straparlare in modo leggero di fotografia in un podcast.
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